La proposta di lettura di questa settimana è
LA VIRTUù BREVE , di Stefano Savastano
edito da Edizioni Della sera
Il romanzo di Stefano Savastano si snoda, si sbroglia, come una sorta di racconto in terza persona d’una confessione sforzata – o d’una lunga seduta di psicoanalisi, in cui il semplice narrare si fonde e si confonde col referto dell’analista, un po’ come accadeva a Zeno Cosini, personaggio controverso almeno quanto il nostro avvocato – che assume anche i tratti di una s-confessione della vita borghese; ad ascoltare e accogliere i drammi del “traviatore di donne” è proprio la donna nella quale cerca “redenzione”, nel faticoso tentativo d’una palingenesi del personaggio che appare a tratti immediata e a tratti del tutto remota. L’avvocato Venezuela, infatti, proprio nel momento in cui sembra compiere un passo decisivo, retrocede nell’apparente brutalità della propria sicumera, lasciando in sospeso, rimandando ancora il ritorno all’ora della virtù. La prosa, seppur articolata, scorre con la secchezza e la rapidità del dialogato cinematografico (e anche nella trama, il cinema fa, a un certo punto, la sua comparsa) di cui, non dimentichiamolo, Savastano è esperto (e l’elemento cinematografico ritornerà anche nella scelta del finale sorprendentemente a effetto). Intorno all’avvocato Venezuela ruota un valzer vorticoso di comparse in toga e non, di vacui simboli cui l’uomo cerca d’aggrapparsi per sgomitare con la propria solitudine. Emergono in lui, come in ogni personaggio moderno difficile da definire, da incorniciare nei parametri del buono o del cattivo, barlumi di profondità, riflessioni consumate dal pensiero, in cui ben s’evince la sotterranea ricerca d’un verità intima, d’una giovane felicità perduta, perché: “quello che hai dentro ti rispetta sempre e se tu lo segui non rimarrai mai deluso.”
(http://www.mangialibri.com/libri/la-virt%C3%B9-breve)
Sinossi
In un ristorante del centro di Madrid, il dialogo tra un quarantenne di Stresa, l’avvocato Venezuela, e Katia, ragazza da poco conosciuta, è il luogo dove si consuma il ricordo della giovinezza di lui sul Lago Maggiore e il desiderio di ricostruirsi una vita all’estero. La virtù breve usa l’arma dell’irrazionale come contraltare dell’aridità del linguaggio dei media contemporanei, sfruttando la creatività per conquistare nuovi orizzonti emotivi. La fugace vivacità del protagonista, espressa in una giovinezza folle e articolata, complessa e naïf al tempo stesso, conquista per i paradossi, gli aneddoti sconcertanti, le contraddizioni di cui si fa portatrice. La virtù breve non indulge a facili ‘cortesie’ formali da salotto letterario e investe lo svolgersi dei fatti nel segno di una crudeltà linguistica che sconfina in nuove forme del narrare. Forme ispirate a una spiazzante rapidità, a una comunicazione diretta tra i personaggi a tratti esasperata, a una sofisticata aggressività